Roma, 20 dic. (askanews) - Dinanzi ad una pletora di situazioni socialmente difficili, in quest'epoca marcata da bullismo, stupri di gruppo, violenza in genere, relazioni tossiche e soprattutto femminicidi, occorre porsi la domanda: stiamo affrontando queste inquietanti problematiche?
La dottoressa Diana Papaleo, psicopatologa, criminologa e neuroscienziata comportamentale, fa della multidisciplinarietà e della sinergia, il suo punto di forza. "Come criminologa -afferma- riconosco benissimo che la stessa criminologia ha bisogno di un approccio interdisciplinare e include la psicologia, il diritto, la psichiatria, la sociologia, l'educazione civica e soprattutto oggigiorno, alla luce di nuove scoperte scientifiche, le neuroscienze". Il rapporto tra criminologia e neuroscienze è molto stretto, queste due discipline intersecate, le ritengo indispensabili la violenza ed anche la rieducazione sociale per chi ha sbagliato".
Ciascuna di tali discipline studia, adottando il proprio punto di vista, la criminalità, la devianza e la violenza. "Sono elementi -spiega la Papaleo- che permettono di analizzare al meglio la realtà sociale e quindi di prevenire quelle forme di violenza di cui si parla in questi giorni. L'assassinio di Giulia Cecchettin è la punta di un iceberg profondo, indicativo di un malessere giovanile generale, di un vuoto interiore ed un "vuoto educativo". L'episodio (uno dei tantissimi), rivela l'importanza di affrontare la questione della violenza giovanile, che si manifesta in contesti sociali diversi, dalla famiglia, la scuola, il divertimento, la discoteca alla microcriminalità.
Un cambio di paradigma nel quale le neuroscienze rientrano e hanno un'importanza fondamentale: "Permettono di capire -ricorda la Papaleo- il motivo per il quale si diventa violenti, insomma una vera e propria anamnesi neurobiologica nella vita delle persone e che aiutano la psicologia a scavare nel vissuto e trovare le radici del male. Quasi sempre, la famiglia ha un ruolo decisivo. Genitori non si nasce, come direbbe qualcuno, occorre insegnare l' ascolto e la comunicazione tra genitori e figli. Oggi è quanto mai necessario".
Solo conoscendo le leve da muovere per creare una giusta comunicazione con i propri figli, è possibile porre le basi per una società meno aggressiva: "I genitori -dice ancora la Papaleo- non sanno quando dire sì e quando dire no, tendono, per mancanza di tempo a non ascoltare gli allarmi che lanciano i propri figli. Non devono dargli sempre ragione. Sempre e comunque. Devono fargli capire che quando ci si comporta da bullo si sbaglia e si viene di conseguenza puniti. Iniziare a dire no. Come dire di no ai figli? Le norme devono essere chiare, occorre proporre un'alternativa, rimandare a più tardi, mostrargli le conseguenze. I bambini devono imparare che ogni azione ha delle conseguenze ed usare il linguaggio e il tono adatti. Purtroppo ci sono genitori che devono a loro volta impararle. Per questo occorre chiedere aiuto psicologico, rieducativo, comunicativo, condizioni indispensabili per limitare i casi di cronaca e per evitare perché no, recidive sempre possibili". La verità è che non è più sufficiente parlare di femminicidi e manifestare il proprio dissenso indossando scarpe o fiocchi rossi. Bisogna fare di più, bisogna avviare una rivoluzione culturale con approccio multidisciplinare e sinergico che pongano l'ascolto, la comprensione, la comunicazione corretta, al centro di ogni ragionamento ed in ogni contesto sociale. Infine è essenziale dal punto di vista criminologico e psicopatologico, insegnare le tantissime forme di violenza che esistono, di cui a volte siamo vittima senza accorgerci, ossia il mobbing, lo stalking, lo straining, il grooming, il gaslighting, il ghosting, ecc Situazioni che affronta - conclude Diana Papaleo - nei vari convegni, per portare a conoscenza di tutti che vi è una molteplicità di violenze da non sottovalutare assolutamente".