Madrid, 25 lug. (askanews) - Un governo "quasi impossibile" da formare: è il giudizio di Andres Medina, politologo spagnolo e direttore di Metroscopia, grande istituto demoscopico di Madrid specializzato in sondaggi politici, dopo la tornata elettorale del 23 giugno in Spagna.
"Sì, Pedro Sanchez sarà presidente del governo solo se Junts glielo permette, se Puigdemont glielo permette. Feijòo lo sarà soltanto se il Pnv (Partito nazionalista Basco) lo vorrà e se Vox lo consente. Quindi tutto indica che le due opzioni, nella pratica, non sono percorribili, mentre ciò che di sicuro potrebbe esserlo e risolverebbe le cose, è un'intesa fra i due grandi partiti, che oggi come oggi è forse la cosa che gli spagnoli vorrebbero di più e quella che i politici più probabilmente non faranno".
Con una quantità di seggi quasi invariata rispetto al 2019, appena due in più, e un'alleanza possibile con la sinistra di Sumar ma insufficiente a raggiungere la maggioranza assoluta, i socialisti (Psoe) di Sanchez sono de facto ostaggio dell'astensione di Junts per Catalunya, il partito indipendentista catalano di centro-destra di Carles Puigdemont, ex presidente regionale della Catalogna esiliatosi a Bruxelles per sfuggire ai mandati di cattura emessi dopo il referendum sull'indipendenza dichiarato illegale da Madrid ma tenutosi ugualmente nel 2017. Una situazione politicamente molto delicata, tanto più che la destra del Partido Popular (Pp) e l'estrema destra di Vox fanno della lotta contro l'indipendentismo una priorità politica. Alberto Nunez Feijòo, leader del Pp, ha insistito infatti che "sarebbe un errore che in Spagna governassero gli indipendentisti":
"Se il signor Sanchez non accetta il dialogo col Partido Popular, esploreremo tutte le strade per dotare la Spagna di un governo, e farlo il prima possibile. E lo faremo perché credo che lo stallo sia uno scenario indesiderabile per il nostro paese, ancor più in un momento in cui esercitiamo la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea".
Ma un governo senza il Psoe per Feijòo passerebbe inevitabilmente per un accordo con gli estremisti di destra di Vox, il partito di Santiago Abascal che ha avuto in campagna l'appoggio esplicito di Giorgia Meloni ma che alla prova dei fatti ha preso quasi 20 seggi 600.000 voti. Anche così, servirebbero però a Feijòo anche i voti dei nazionalisti baschi di centrodestra del Pnv e una maggioranza che comprendesse Pnv e Vox insieme, ammesso che sia fattibile, sarebbe estremanente instabile.
Ma anche un ipotetico ritorno alle urne non è detto che risolva le cose facilmente: in Spagna si sono tenute già quattro elezioni generali fra il 2015 e il 2019, prima di quelle di domenica scorsa. Un fatto che ha reso il paese iberico, un tempo campione del bipartitismo nell'Europa continentale, sempre più instabile. E la cosa più preoccupante e strana è che il voto di domenica ha segnato un miglioramento dei risultati dei due partiti principali, Pp e Psoe, rispetto alle elezioni precedenti, ma malgrado questo le prospettive di formazione di un governo stabile non sono migliorate:
"C'è un ritorno al bipartitismo, è vero che non con piena intensità, ma per capire il cambiamento, nell'anno 2019 il bipartitismo aveva appena il 45% e ora è al 65%. Insomma c'è un chiaro aumento del bipartitismo, di 20 punti. Gli spagnoli sembrano dire che gli esperimenti della nuova politica, che avevano un po' rigenerato questo bipartitismo tradizionale, non hanno funzionato, non sono stati una soluzione".