Kinshasa, 3 feb. (askanews) - Si chiude il viaggio di Papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo: quattro giornate intense a Kinshasa, tra incontri istituzionali, l'abbraccio con i giovani nello Stadio dei Martiri, la grande messa con oltre un milione e mezzo di fedeli. Bergoglio si fa "pellegrino di pace" in una terra segnata dal riaccendersi di violenze e di "ricchezze naturali" insanguinate, nell'Est del Paese, nel Kivu e nell'Ituri.
"Giù le mani dall'Africa", chiosa Bergoglio appena atterrato a Kinshasa. La folla lo attende lungo la strada: chilometri e chilometri a formare un tappeto di congolesi, la terra polverosa, la povertà tangibile e visibile ai due lati della strada.
Padre Giulio Albanese, missionario comboniano, traccia un bilancio di queste giornate: "E' stato un successo. Papa Francesco si è presentato qua come pellegrino della pace. Le sue parole sono state di una concretezza indicibile, la sua è stata profezia, perché ha avuto il coraggio di osare".
Denuncia, Papa Francesco, le violenze, la corruzione, lo sfruttamento e il colonialismo economico, la stregoneria. L'incontro più toccante quello con le vittime dei massacri nell'Est del Paese. Il Papa ascolta, il capo chino, le storie strazianti di chi ha subito stupri, violenze.
E' poi l'abbraccio ai giovani e ai catechisti il tempo della festa, della speranza, della riconciliazione. Bergoglio chiede alle nuove generazioni di prendere in mano il futuro del Paese. E condanna la corruzione. "Siamo tutti chiamati ad una decisa assunzione di responsabilità e questo non riguarda solo chi oggi in Congo è nella stanza dei bottoni, ma direi il consesso internazionale, la comunità internazionale".
Dopo l'incontro con i vescovi della Repubblica democratica del Congo, Francesco vola nel Sud Sudan: qui il viaggio si trasforma in un "pellegrinaggio ecumenico", con la presenza dell'arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il Moderatore della Chiesa di Scozia Iain Greenshields.