Milano, 23 mag. (askanews) - Le immagini della classicità, da riconoscere per poi poterle ripensare. È questo in sostanza il meccanismo intellettuale che sostiene l'esposizione "KOSMOS e KAOS", dello scultore Massimiliano Pelletti, presentata da Ersel nei propri spazi milanesi di via Caradosso. Una mostra che indaga la materia prima della forma e che, partendo da un immaginario condiviso, si muove verso nuove prospettive dell'autorialità.
"Io sono l'autore di quest'opera - ha detto Pelletti ad askanews - insieme alla materia stessa, perché il risultato finale che si ottiene lavorando questa pietra è sempre una mediazione tra l'idea dello scultore e ciò che effettivamente la materia ti ha concesso di fare".
Interessante anche il fatto che l'artista, che viene da Pietrasanta, uno dei luoghi simbolo della scultura in Italia, non utilizzi il marmo, ma materiali molto meno perfetti. "In questo caso - ha aggiunto - abbiamo una pietra, che si chiama calcare grottoso: non esistono cave dove reperirla, si può trovare solo in alcuni terreni, per esempio nell'entroterra toscano. Questa pietra ha la caratteristica di avere delle irregolarità, dei difetti ed è una cosa c he mi piace molto. Mi piace molto confrontarmi con i difetti e cercare di trasformare queste imperfezioni della materia in pregio sopra l'opera".
La mostra, curata da Barbara Paci e Cesare Biasini Selvaggi, si inserisce nei progetti culturali di Ersel, come ci ha confermato Paola Giubergia, responsabile delle Relazioni esterne dell'azienda. "Questa mostra - ha detto - ha suscitato il nostro interesse, un po' per il personaggio, un po' per la materia, un po' per la tipologia di queste sculture, che riprendono le forme storiche e classiche, ma hanno una visione molto contemporanea, una lavorazione molto tecnica, con questo fortissimo contrasto tra la modernità e il passato, che in questo contesto si coniuga in maniera perfetta".
Guardando le sculture e la loro matericità complessa si avverte pure la sensazione del tempo e del suo scorrere, ma anche la possibilità dell'arte di attraversarlo e, per così dire, restringerlo, magari dentro uno sguardo fatto di micromosaico in vetro e oro.