Bologna, 16 feb. (askanews) - Una serie di opere video che documentano il presente e le sue trasformazioni economiche, politiche, lavorative, sociali e ambientali. Il Mast di Bologna ha presentato una mostra con 29 artisti internazionali, un vero e proprio viaggio dentro i gangli, spesso segreti o comunque non visti, del mondo contemporaneo dell'ipercapitalismo. "Vertigo - Video Scenarios of Rapid Changes - riflette sulle dinamiche professionali e comportamentali e cerca di dare una forma visibile al senso di vertigine continua che attraversa le nostre vite.
"L'argomento è ciò che unisce i diversi artisti - ha detto ad askanews il curatore Urs Stahel - e ognuno di loro ha mostrato un aspetto cruciale e una volta arrivati alla fine della mostra si potrà avere una comprensione più forte della nostra realtà oggi. E abbiamo video che sono realizzati in modi completamente diversi: alcuni sono molto lenti, lunghi 15 ore, che raccontano un posto di lavoro in Cina dalle prime luci dell'alba alla notte e poi ci sono degli interventi molto brevi, divertenti, che abbiamo chiamato intermezzi e che fanno da commentario al mondo e alla stessa mostra".
Alla base del progetto c'è una riflessione sulla enorme massa di informazioni che ogni giorno ci viene gettata addosso da molteplici fonti, informazioni che divorano il resto e innescano una costante sensazione di angoscia e, per dirla con Mark Fisher, di scomparsa del futuro. Le opere esposte al Mast si muovono esattamente dentro questa prospettiva filosofica, quella di un presente che è al tempo stesso di apparente benessere e di reale deprivazione. Lo spirito del capitalismo è trionfante e demoniaco, è assoluto, è il nostro realismo. I film della mostra lo documentano, lo denunciano, a volte ne sono solo dei cronisti quasi asettici, ma in tutti è possibile provare a scorgere, se non una qualche alternativa, almeno un tentativo più profondo di capirlo e, in questo modo, avere le basi per un pensiero diverso.
I video sono magnetici, fanno paura, mettono angoscia, commuovono, ci allarmano. Ma quello che conta è il loro essere così dentro il racconto, così compromessi verrebbe da dire, e questo genera una sensazione di verità profonda, anche negli scenari più immaginifici, anche nei contesti più inafferrabili. Perché la nostra realtà è questa e la videoarte spesso ha la capacità decisiva di fissarla e documentarla più intensamente di altre discipline, ben sapendo che non è mai possibile fermarla o capirla davvero.