Avignone, 19 dic. (askanews) - Al tribunale di Avignone è durato oltre quattro mesi il processo Gisèle Pelicot, contro l'ex marito Dominique Pelicot e 50 uomini a cui ha fatto violentare la moglie per un decennio, drogandola e filmandola. Grazie al coraggio della vittima che ha voluto un processo a porte aperte, rinunciando alla sua privacy, il caso ha provocato un vero terremoto nelle coscienze in Francia. Gisèle Pelicot, una pensionata sconosciuta, abituata a una vita tranquilla, è diventata un simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, ribaltando la narrazione comune in cui a nascondersi spesso sono quelle che gli abusi li hanno subiti. "La vergogna non dobbiamo provarla noi - è stato il manifesto di Gisèle Pelicot per tutto il processo - sono loro che devono provarla".
"Ho detto tutto quello che potevo" ha spiegato Gisèle dopo la sua ultima testimonianza, sostenuta dai due figli e dalla figlia, "anche con la pressione di tutti questi signori dietro di me, e capivo che con le domande cercavano di farmi contraddire".
"Ha dimostrato una dignità, un coraggio che obbligano al rispetto, sono molto fiera di lei", ha detto la figlia Caroline Darian, che ha scritto anche un libro testimonianza, "Ho smesso di chiamarti papà".
"Ho un ex amico fra gli imputati" diceva nei giorni del processo Isabelle Mounier, dipendente pubblica. "Sono venuta a vedere cosa succede. Cosa provo? Disgusto. E per Gisèle, mi metto al suo posto, mi immedesimo profondamente. È stata forte, molto forte".
Nei 4 mesi del processo le donne che hanno manifestato fuori dal tribunale di Avignone chiedevano "20 anni per tutti" e non solo per Dominique Pelicot. Perché al cuore del caso c'è una società che ancora non riesce ad assorbire il concetto di consenso: il marito, che ha chiesto perdono in aula, non è l'unico mostro, se vicini di casa, colleghi, gente reclutata su internet, hanno approfittato della donna senza farsi una domanda, senza denunciare. Cinquanta identificati erano in aula, ma nei filmati di Pelicot se ne vedono oltre settanta. Molti di quegli uomini dicono che non avevano capito, che per anni hanno creduto al marito secondo cui era un gioco erotico, e la vittima fingeva di dormire.
Per Sadjia Djimli, infermiera, Gisèle Pelicot "ora è diventata una protagonista della lotta delle donne. Questa storia risuona, ma dovrebbe far sentire tutti coinvolti, gli uomini come le donne".