Milano, 17 giu. (askanews) - Sono sempre più numerose le campagne di comunicazione che propongono messaggi positivi su tematiche sociali. Le imprese fanno così leva sul mostrarsi impegnate in azioni di crescita civile per promuovere il prioprio brand, se non direttamente prodotti specifici. Tuttavia usare temi sociali in modo strumentale le espone a rischi molto alti, e non solo di carattere reputazionale.
E' quanto viene analizzato in "Pericolo Socialwashing" l'ultimo saggio di Rossella Sobrero, che da molti anni si occupa di comunicazione, affiancando alla consulenza l'attività di docente e saggista e l'impegno nel Gruppo Promotore de "il Salone della Csr e dell'innovazione sociale".
"In questo periodo si sta lavorando tanto sulla 'S' delle istanze ESG - dice Rossella Sobrero, docente, tra gli altri impegni, di 'Comunicazione sociale e istituzionale' all'Università Statale di Milano e di 'Marketing non convenzionale' alla Cattolica, sempre a Milano - Molte aziende stanno investendo sulle istanze sociali cercando di ingaggiare i propri pubblici, che possono essere anche interni come i dipendenti, sottolineando l'impegno che l'impresa ha nel contribuire al miglioramenteo della qualità della vita delle persone. Non si tratta di una novità assoluta, ma ora bisogna capire fino a che punto l'uso anche dei 'sentimenti', come abbiamo visto in alcuni casi, sia corretto e da quale punto in poi non lo sia più. Il problema è anche di equilibrio tra la presa di posizione su una grande tematica sociale e l'attività di impresa o il comportamento complessivo che non può essere distonico rispetto alla buona causa che si sostiene".
Ma il numero crescente di imprese che puntano nella cumunicazione su istanze sociali lascia presupporre che si tratti di una strategia comunque vantaggiosa. "No, non è una leva vincente se dietro non c'è un comportamento coerente - prosegue Sobrero - Oggi le persone sono molto più critiche e diffidenti, e di conseguenza sono alti i rischi che derivano dall'avere troppa distanza tra il dichiarato e l'agire. Bisogna evitare il rischio di raccontare molto, anche in modo affascinate e coinvolgente, e fare poco".
Ad arricchire le analisi de "Pericolo Socialwashing" anche una raccolta di interviste realizzate dall'autrice a venti autorevoli personaggi che offrono punti di vista differenti sul socialwashing e sugli sviluppi che questa pratica potrebbe avere in futuro.
Punto centrale del lavoro resta l'analisi delle strategie per prevenire e evitare il pericolo stesso.
"La parte più originale del lavoro penso sia quella che ho dedicato a cosa possono fare gli stakeholder per aiutare l'impresa a non commettere errori, così da non essere tacciata di 'socialwashing' - conclude l'autrice - Siamo abituati a pensare a cosa fa l'impresa per i suoi portatori di interesse, ma non pensiamo quasi mai al percorso contrario: a cosa può fare il dipendente, il fornitore, la banca per sollecitare l'impresa a raccontare la verità e a mettere in luce i progetti realizzati, i miglioramenti apportati, gli impatti generati, ma anche quelli non raggiunti".
"Pericolo Socialwashing-Comunicare l'impegno sociale tra opportunità e rischi" - questo il titolo completo del volume - è edito da Egea per la collana "Business e oltre".