Milano, 15 feb. (askanews) - Una pittura astratta che nasce dalle parole, le parole pubbliche, quelle dei media, e poi le supera, va oltre, dà un nuova forma all'atto della cancellazione. Gianluigi Colin ha portato da Building Gallery a Milano una serie di nuovi lavori, che insieme compongono la mostra "Post Scriptum", una sorta di viaggio nel tempo e nella memoria, quella effimera e quella perduta, quella ufficiale e quella intima.
"Viviamo in un presente così complesso, dove c'è la dimenticanza, dove non riusciamo più a cogliere l'essenza delle cose - ha detto Colin ad asknews -. Allora il tirare fuori questo materiale che viene dai processi della stampa, dell'informazione, usare queste tele che nascono dalla pulizia delle rotative dei quotidiani e dei centri di stampa, mi sembra che abbia il potere di evocare l'importanza di essere sempre aderenti al nostro presente".
Un presente che è inafferrabile, frammentario; un tempo che è consapevole della propria natura ibrida, e si muove tra dipinti che, come faceva Alberto Burri, fermano dei momenti plurali, ma anche intorno alla costante mancanza di tempo di cui soffre la vita contemporanea, come ha sottolineato il curatore Bruno Corà. "Queste opere - ci ha detto - mettono il dito nella piaga, perché c'è proprio la cancellazione di tuto quello che viene prodotto: le informazioni, i dati, i numeri, le immagini. C'è una sorta di spirito del tempo dentro queste opere, così cruciale, che a mio avviso fa di questo lavoro uno dei punti più avanzati della pittura, perché è sempre ancora pittura".
Anche se poi, in fondo, il lavoro di Colin fa pensare anche alla scrittura, a quel suo grado zero che Roland Barthes ha messo alla base di ogni possibile letteratura. Quelle tele da cui le parole sono scomparse possono essere tasselli per iniziare a scrivere con una diversa sintassi e magari anche con diverse prospettive per un futuro.