Venezia, 11 apr. (askanews) - Un altro decennio di relazioni tra il vetro di Murano e la Biennale di Venezia: prosegue alle Stanze del Vetro sull'isola di San Giorgio il racconto di questa storia affascinante, che, nel secondo capitolo, si concentra sul periodo 1932-1942.
"Nelle sei Biennale precedenti - ha spiegato ad askanews il curatore Marino Barovier - il vetro era messo un po' a caso, un po' fra una sala e l'altra in teche improvvisate. Nel 1932 invece viene creato il Padiglione Venezia e il Padiglione Venezia ha accolto tutte le vetrerie muranesi e quindi è stata una vetrina privilegiata e ha dato lo stimolo a una ricerca, un'evoluzione, un voler produrre sempre qualcosa di meglio. Fintanto che c'è stata la Biennale, che purtroppo ha chiuso nel 1972, i muranesi hanno dato il massimo per poter dire qualcosa di nuovo".
La Biennale, con il suo fervore artistico e il respiro internazionale, negli anni Trenta diventa una proficua occasione di confronto per le vetrerie e il mondo del vetro artistico in generale. Con la complicità anche di un grande architetto. "Ho tenuto Carlo Scarpa - ha aggiunto Barovier - come personaggio chiave di quest di questo periodo perché tra dal 1932 al 1942 Scarpa lavora da Venini e lì lui prova a far tutto. Prova perché era un curioso, era un genio, uno sperimentatore, guardava la materia, guardava la tecnica, guardava le forme, guardava tutto quello che si poteva guardare e che era innovativo, era assolutamente diverso da quello che era stato fatto in precedenza. Poi e su queste basi create da Scarpa anche tutti gli altri si sono allineati".
In un allestimento che riesce ancora una volta a essere interessante e attento alla natura degli oggetti esposti, la mostra ci racconta di come il vetro cambia, diventa più colorato, più denso. E le Stanze de Vetro si confermano un museo che si prende cura delle sue storie e le mette in scena con un'eleganza carica di affetto.