Venezia, 11 ott. (askanews) - Un festival incentrato sul significato della musica come linguaggio autonomo e sullo statuto ontologico del suono, per spostare ulteriormente in avanti la ricerca e fotografare l'attuale "stato dell'arte". La 68esima edizione della Biennale Musica ha indagato questi aspetti, alla ricerca della "Musica assoluta".
"E' stato un festival sorprendente - ha etto ad askanes Lucia Ronchetti, direttrice artistica della Biennale Musica - perché ogni compositore, ogni musicista, ogni programmatore ha interagito con questo tema in un modo assolutamente originale, assolutamente sorprendente, creando sì lavori che non hanno possibilità di verbalizzazione, che parlano a noi con un linguaggio che è autonomo, che è il linguaggio musicale, ma creando comunque delle storie, delle narrazioni tutte sonore che hanno coinvolto il pubblico molto più di quello che io potessi immaginare".
Dopo un'edizione, quella 2023, dedicata al suono elettronico, nel 2024 ci si è spostati su un terreno musicalmente più filosofico e, se volete, più classico, ma la risposta è stata comunque significativa. "Il pubblico - ha aggiunto la direttrice - ha capito fortemente la relazione tra questi spazi del programma e li ha riempiti e devo dire che è sempre un grande piacere per me, è quasi una necessità, vedere questa risposta del pubblico, cioè che lo spazio scelto è pieno e che anzi qualcuno forse non ha trovato posto, vuol dire che è stato scelto lo spazio ideale per quel progetto".
Tra polifonie, assoli, musica sacra nella Basilica di San Marco e intersezioni tra il classico e il contemporaneo si è conclusa anche l'esperienza di Lucia Ronchetti alla guida della Biennale Musica, dopo quattro edizioni. "Penso di partire felice e arricchita da questa esperienza veneziana - ci ha detto - e penso che questa proiezione positiva si riverserà anche sul mio lavoro".
E a noi nelle orecchie restano le ricerche assolute di questa Biennale astratta e avvolgente.