Cinzia Leone a Verissimo: "L'aneurisma mi ha cambiato la vita, senza lavoro muoio"
L'attrice romana ha parlato del suo stato di salute, ricordando cosa è accaduto nel lontano 1991 ma dicendosi pronta a dare il meglio al lavoro: cosa ha detto
L’attrice Cinzia Leone entra per la prima volta nel salotto di Verissimo, il programma in onda su Canale 5 sabato 4 maggio, pronta a farsi intervistare da Silvia Toffanin dopo la lunga malattia – un aneurisma congenito all’arteria basilare – che l’ha costretta ad abbandonare per un certo periodo le scene. Ma ora il sorriso è tornato e l’attrice lo mostra dal primo all’ultimo secondo dell’ospitata Vediamo insieme cosa ha detto l’attrice nel corso dell’appuntamento pomeridiano più atteso del weekend.
Cinzia Leone a Verissimo: la malattia e la guarigione
Cinzia Leone, una volta sedutasi sulla poltrona dello studio Mediaset, spiega a che punto della sua vita si trova: "Sono in una fase in cui sono preoccupata quando entro nelle trasmissioni televisive perché mi emoziono e poi mi irrigidisco e si irrigidisce anche la gamba, quindi zoppico. Dovrei entrare ballando!". L’attrice romana si commuove dopo aver visto un video a lei dedicato e poi tranquillizza tutti: "Adesso va meglio", commenta col sorriso.
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Entra nel canale WhatsAppL’attrice comica ricorda cosa era accaduto alla prima di Donne con le gonne, film di Francesco Nuti, durante la quale nel 1991 ha avuto un malore ed è svenuta: "L’aneurisma mi ha cambiato la vita. Ero alla prima del film, ma io volevo rimanere a casa perché avevo mal di testa, è stata mia madre a convincermi ad andarci. Lei mi ha salvato la vita: io ci sono andata e sono viva per questo, perché se fossi rimasta a casa non se ne sarebbe accorto nessuno. Francesco mi ha mandato con la sua macchina all’ospedale senza aspettare l’ambulanza. Lì mi hanno trovato questo aneurisma congenito dell’arteria basilare che è il peggiore che ci potesse essere. Quell’aneurisma era impossibile da operare senza una sorta di morte apparente, bisognava interrompere il flusso vitale per agire lì. Io sono stata per un lungo periodo al San Camillo di Roma, ma ho pochi ricordi di quei giorni. Non sono stata operata in Italia perché non c’era il macchinario giusto. Sono andata negli Stati Uniti dopo un mese dal malore.
È stata mia madre a raccontarmi cosa era accaduto mettendomi davanti a uno specchio. La paralisi era brutta, da quel momento ho vissuto solo per guarire, non mi interessava neanche ottenere l’invalidità. Ci sono voluti 30 anni ma l’ho fatto. È stata, forse, la cosa più interessante della mia vita. La forza l’ho trovata nella voglia di riprendere il mio lavoro, perché senza muoio. Volevo solo ricominciare. La ripresa è stata lenta, chi se lo aspettava… Dovrò fare fisioterapia tutta la vita. A 32 anni stavo su una sedia a rotelle, oggi non so come sto ma vivo. Il dolore serve a capire quello degli altri, altrimenti è un’esperienza sprecata. Molte persone mi hanno lasciata sola, ma non voglio tornarci, perché è stato difficilissimo liberarmi di questa rabbia. Il dolore cerca la rabbia quando è insopportabile: c’è un livello di rabbia nel mondo pari all’infelicità che ha dentro e non riesce ad ammettere. Non ho certi sentimenti, non ho voglia di menare nessuno, non sono sospettosa e non ho paura degli altri, io sorrido. Al lavoro è stato difficile farsi riaccettare dopo l’accaduto, ma era anche difficile che potessero comprendere, perché la malattia è un’esperienza di grande solitudine. Non ho intenzione di recriminare niente a nessuno, ora ci sono io e la mia voglia di ricominciare a fare questo mestiere".
Per quanto riguarda gli uomini, l’attrice spiega: "Questi 30 anni sono stati un fermo perché mi sentivo completamente inadeguata. La femminilità è la parte più offesa, sei metà cadavere e metà viva. Non è facile mettere insieme tutte le cose, per cui poi finisce la baldanza della giovinezza e devi ricomporre una nuova identità, soprattutto femminile, e io sto cominciando a farlo, quindi sono contenta, ma non farmi approfondire troppo perché mi fa paura".
La morte del padre
Durante la sua infanzia, Cinzia Leone perde il padre: "Aveva 39 anni e io 8. Mia madre aspettava mio fratello…. Ricordo moltissimo del tempo trascorso insieme a lui. È stato un grande dolore arrivato troppo presto. Questa vita abbastanza frastagliata mi ha permesso di essere allenata quando è arrivato il momento buio".