Stefano Accorsi: “Ho amato Marconi, ma ora torno a teatro per l’ambiente (senza catastrofismi)”
L’attore racconta a Libero Magazine il nuovo progetto che lo vede impegnato tra arte e scienza dopo la fiction su Guglielmo Marconi
Lo abbiamo visto da poco calarsi nei panni di Guglielmo Marconi per il biopic Rai realizzato in occasione del centenario dell’inventore della radio e ora Stefano Accorsi è impegnato in veste di ideatore e direttore artistico, di un nuovo progetto che unisce spettacolo, scienza e tecnologia. Si chiama Planetaria – conversazioni con la Terra e si svolgerà dal 7 al 9 giugno al Teatro La Pergola di Firenze. Tre giornate di eventi, talk, laboratori e spettacoli a ingresso gratuito e rivolti ad adulti, bambini e famiglie in cui le emozioni del teatro si sommeranno a momenti di riflessione e divulgazione, che diventeranno stimoli per riflettere sulla necessità di cambiare i nostri comportamenti per salvare il pianeta. In questa intervista a Libero Magazine racconta di più.
Stefano Accorsi, ti abbiamo appena visto in tv vestire i panni di Guglielmo Marconi: buoni ascolti e apprezzamenti ma non è mancata qualche critica, che rispondi?
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Entra nel canale WhatsAppMarconi è un personaggio che ho amato molto e sono stato molto felice di farlo.
Dopo Marconi ci hai preso gusto a utilizzare il tuo lavoro per parlare di scienza, visto che ti ritroviamo impegnato in un’iniziativa a tema ambientale?
Lui fu scienziato, inventore, imprenditore, una figura anche molto avventurosa che mi ha veramente affascinato. Mi ha colpito soprattutto il fatto che lui avesse questa intuizione sin da giovanissimo, che non sapeva spiegare in modo lineare su base scientifica, ma era certo che, tutto sommato, quella fosse l’intuizione giusta.
Tu sei circondato da tanta gioventù, due figli adolescenti, due figli più piccoli, una moglie di una generazione più giovane: quanto influisce questo nel tuo interesse per il futuro del pianeta? Ne parlate a casa?
Sicuramente mi rende più sensibile, ma in generale. I miei figli più grandi sono adolescenti e devo dire che, anche grazie alla scuola, hanno a disposizione tante informazioni e quindi ne sanno di più. I miei figli più piccoli, che hanno 4 e 7 anni invece, ancora non hanno questa coscienza, quindi siamo noi, gli adulti che gli dobbiamo sensibilizzarli a queste tematiche, iniziando su cose quotidiane come lo spreco di acqua, lo spreco di energia elettrica, l’importanza di camminare, di andare in bicicletta, non buttare la plastica per terra e tante altre cose semplici ma con conseguenze importanti.
Quindi non pensi ci sia un gap generazionale rispetto a questo tema?
Intanto, che ci sia un gap generazionale e che tutti delle nuove generazioni siano più sensibili a questo tema secondo me si può discutere. Credo poi che noi più adulti tendiamo sempre a gravare i giovani di responsabilità: "ora tocca a voi", "voi siete il futuro" o anche "salviamo il mondo per salvare i nostri figli", ma io dico che non è per salvare i nostri figli che dobbiamo salvare il pianeta, ma noi stessi perché anche noi facciamo parte di questo pianeta e da noi stessi dobbiamo partire. Dev’ essere un’azione condivisa, nessuno può delegarla a qualcun altro. In generale quindi non si può affidarsi al fatto che tutti i giovani siano coscienti, interessati e pronti a farsi carico del problema.
Secondo te del tema ambientale si parla abbastanza in tv, e se ne parla nel modo giusto?
Questo è uno dei motivi per cui noi abbiamo pensato di fare questa iniziativa nei teatri. Ci sono degli studi che ci dicono che l’informazione che viene fatta sul tema ambientale è per lo più catastrofista e genera ansia per una questione di necessità di sintesi. Tutto questo contribuisce a creare un senso di impotenza, ma a noi non serve la resa serve l’impegno. Il nostro progetto si sviluppa in tre giornate a teatro con iniziative rivolte a tutti: per bambini, per adulti, per famiglie dove si affronta l’argomento facendo leva sull’empatia e la condivisione sperando di attivare l’interesse delle persone e regalare un’esperienza emotiva che diventi un bagaglio di consapevolezza da portare con sé nella vita di tutti i giorni.
Un progetto come Planetaria che parte da un teatro lo vedi quindi un domani svilupparsi altrove, per esempio in tv?
Quello che noi vogliamo fare con questo evento è soprattutto porci delle domande, vorremmo che diventasse uno strumento emotivo che spingesse le persone a riflettere sul tema. Noi già pensiamo che vorremmo che diventasse uno spettacolo da portare in tournée in tutta Italia, e soprattutto, grazie ai social, a internet e all’A.I. che diventi uno strumento accessibile tutto l’anno e da ogni luogo. Inoltre vorremmo che questo dialogo che ci proponiamo di aprire con il pubblico, si estendesse anche alle istituzioni e a chi decide perché il cambiamento ha un costo e richiede investimenti che non è possibile scaricare sulle spalle dei privati. E’ la politica che deve dare le direttive di questa riconversione verde, però sempre in dialogo con la scienza e con le aziende.
L’Intelligenza Artificiale avrà un ruolo importante in questo evento. Ne sentiamo parlare praticamente solo in termini apocalittici o relativamente alle preoccupazioni per la perdita di posti di lavoro, anche nel campo dello spettacolo al momento c’è un dibattito molto acceso. Tu che posizione hai rispetto a questi nuovi strumenti?
Io credo che l’A.I. come tutte le grandi invenzioni dell’uomo potrà essere una grande risorsa, dipende dall’uso che se ne fa. Se pensiamo alle truffe che possono essere messe in atto ovviamente c’è bisogno di sicurezza, ma d’altra parte questa è una risorsa che può rivelarsi preziosissima. Pensiamo a un piccolo artigiano che può utilizzare l’a.i. per vendere i suoi manufatti in tutto il mondo perché è in gradi di tradurre in tutte le lingue del mondo. Inoltre, sono strumenti che dobbiamo imparare a usare: fare domande dettagliate. La nostra A.I. non è open source come chat GPt ma è stata nutrita con dati scientifici e informazioni verificate e che entrerà in dialogo con il pubblico con questa certezza. Questo è ciò che bisogna fare perché l’A.I. sia una risorsa e non un pericolo.
Dietro un evento come Planetaria c’è anche una voglia di rilanciare una fiducia nella scienza, dopo questo grande paradosso che abbiamo vissuto durante la pandemia: mentre la scienza salvava vite in una situazione di emergenza, diventata anche "impopolare"?
Mi piace questa visione perché è vero, la scienza, quella seria che è fatta di infiniti studi, ha dato dei frutti che hanno salvato vite umane in una quantità infinita e migliorato enormemente la qualità della vita delle ultime generazioni quindi sì, siamo anche qui a dire viva la scienza. Tra le altre cose quindi speriamo di contribuire a rilanciare il rapporto positivo con la scienza.