Sanremo 2025, pagelle (generali) del Festival: Lucio Corsi umile (9), Conti senza guizzi (4), Olly espressivo (7)
Un'edizione di Sanremo alquanto veloce ma noiosa è quella proposta da Carlo Conti, mentre Lucio Corsi conquista tutti con il suo modo di fare: le pagelle
![Rosanna Ilaria Donato](https://wips.plug.it/cips/libero.it/magazine/cms/2023/05/rossana-donato-600x342.jpg?w=74&a=c&h=74)
La 75esima edizione del Festival di Sanremo, condotta da Carlo Conti su Rai Uno sabato 15 febbraio 2025, si è conclusa con la vittoria di Olly che ha portato sul palco del teatro Ariston la canzone Balorda nostalgia, un brano pop e fresco cresciuto di serata in serata. La classifica finale, lo ricordiamo, ha suscitato molte polemiche sui social per due motivi: Giorgia è fuori dalla Top 5 e Olly è il vincitore, seguito da Lucio Corsi al secondo posto, Brunori Sas in terza posizione, Fedez al quarto gradino della classifica e Simone Cristicchi al quinto. Ecco le nostre pagelle (personalissime) generali di Sanremo 2025.
Sanremo 2025: le pagelle della 75esima edizione
Brunori Sas cantautore d’altri tempi, voto 9: con la sua L’albero delle noci, racconta un amore potente, quello di un padre per la figlia, usando parole originali, genuine e poetiche che sono proprie del suo stile: basti pensare a brani come "Canzone contro la paura", oppure "Secondo me". D’altronde Brunori non ha mai presentato un testo scontato, né ha mai affrontato un argomento in maniera convenzionale. Nei suoi testi c’è sempre del genio, peccato solo che, in effetti, la musica ricordi un po’ troppo De Gregori e la sua Rimmel, ma nel complesso crediamo che la sua canzone meritasse la vittoria tanto quanto poche altre. E soprattutto che abbia donato un po’ di spessore a un festival i cui brani sono almeno una spanna sotto la media generale. Poetico ma mai retorico.
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Entra nel canale WhatsAppLucio Corsi originale, voto 9: Volevo essere un duro è un brano che rimane nella testa sin dal primo ascolto, e questo è già un dettaglio da non sottovalutare. Poi, il cantautore, pur prendendo ispirazione da artisti come Camerini e Graziani, è riuscito a dar vita a un brano tutto suo, che guarda al passato ma fresco e delicato, dimostrando inoltre una forte presenza scenica e un tocco di originalità nell’interpretazione, passando da uno strumento all’altro e truccandosi con estrema cura il viso per dire "non sono nessuno". E invece qualcuno è, e lo abbiamo visto ampiamente sia nella gara ufficiale che nei duetti. Quanta grazia e leggerezza su quel palco. È arrivato secondo in classifica, dimostrando grande umiltà e di saper gioire della felicità altrui (si congratula con Olly e lo abbraccia col sorriso, nonostante tutto), per noi è una sorta di eroe.
Giorgia incanta, voto 8: la sua voce resta tra le più belle della musica italiana con i suoi virtuosismi vocali che grazie a La cura per me esplodono appieno sul palco, mettendo in secondo piano il fatto che il brano in sé è poco orecchiabile, inconsistente e troppo classica: difficilmente resterà nella memoria. Ma lei, con la sua grazia ed estensione vocale, incanta tutti, dimostrando di essere ancora oggi una vera fuoriclasse, pure nella serata delle cover con Annalisa. E chi se ne frega, in fondo, se la canzone presentata non è un granché. Alla fine, ciò che resterà nei cuori di tutti, ancor più della sua voce unica, è la standing ovation che il pubblico le ha dedicato quando ha ritirato il premio TIM e le sue commoventi parole dopo aver sentito il teatro urlare "hai vinto".
Olly piace per l’interpretazione, voto 7: durante la prima serata, il brano non ci ha né sorpresi, né convinti, forse a causa della sua emozione nel trovarsi all’Ariston per la prima volta. Ma la sua performance è cresciuta nel tempo, perché di serata in serata ha aggiunto tecnica ed espressività alla sua esibizione: un’interpretazione dai tratti un po’ ‘drammatici’ ma autentica e appassionata è ciò che nella finale ci ha convinto ad alzare il suo voto complessivo.
Simone Cristicchi continua a far piangere, voto 7: l’emozione non ha voce, e lui in effetti di voce ne ha avuta talmente poca che nemmeno ha avuto bisogno dell’autotune, però di emozioni ne ha date tante grazie a un testo che travolge e sconvolge per la potenza delle parole e il tema dell’Alzheimer/demenza senile trattato con delicatezza e profondità. Un testo un po’ furbo, forse, ma che dice qualcosa e trasmette in maniera diretta il messaggio, arrivando dritto al cuore e commuovendo chi certi dolori li sta vivendo o li ha vissuti (ma non solo). Insomma, Cristicchi ha fatto ciò che ogni cantautore dovrebbe fare: emozionare. A non piacerci è stata invece la scelta di chiudere gli occhi al termine dell’esibizione finale per poi mostrarci la sua commozione aprendoli. Non mettiamo in dubbio che la sofferenza sia tanta, ma fare questo gesto nella finale ci è sembrato quasi un ultimo tentativo di acchiappare qualche voto in più.
Fedez creativo, voto 7: non ci aspettavamo di ritrovare il ‘vecchio’ Fedez – più creativo e coinvolgente – in questo Sanremo. Lo abbiamo ascoltato mentre raccontava la depressione e quel buio che entra negli occhi e fa fatica ad andarsene, vedendolo crollare almeno in un paio di occasioni – durante la seconda serata, quando si inginocchia a terra con teatralità, e nei duetti, quando sembra voler scoppiare a piangere a fine esibizione. Abbiamo trovato un Fedez più intimista, forse un po’ troppo ‘vittima’ per i nostri gusti, ma convincente.
Noemi buone interpretazioni ma brano debole, voto 6.5: non serve dire molto in realtà, perché si è visto che la cantante ha una voce talmente potente da trasformare anche un brano meno audace in una canzone godibile, merito soprattutto di una innata espressività che ha reso le interpretazioni ancora più intense. Se nella finale non fosse stata meno incisiva – l’abbiamo trovata un po’ sottotono – le avremmo dato un voto più alto.
Elodie poca sostanza, voto 5: Dimenticarsi alle 7 è già un tormentone, ma è abbastanza? La voce c’è, il talento pure, ma manca completamente la sostanza. Se non altro, vogliamo ricordarlo, nella seconda serata si è presentata sul palco con un corpo di ballo che ha dato una marcia in più alla performance, ma a fine Sanremo ci ricorderemo soltanto le parole ‘Dimenticarsi alle 7’ e nulla più.
Achille Lauro bravo ma ‘diverso’, voto 5: Achille Lauro ‘malinconico’ ci è piaciuto molto, ma che ne è stato del giovane ribelle che anni fa è salito sul palco dell’Ariston con una tutina e la sua Me ne frego che hanno fatto tanto discutere? Che abbia voluto dimostrare di essere maturato negli anni? Forse, ma a noi piaceva di più quando osava, graffiava e provocava senza curarsi del giudizio altrui. Del suo stile, quello che lo ha reso famoso, sembra non essere rimasto altro che il look, nemmeno così trasgressivo tra l’altro. Va bene che uscire dalla propria comfort zone è un bene, ma non dovremmo mai perdere la nostra identità, lo stile che ci contraddistingue.
Rocco Hunt energico ma…, voto 5: Mille vote ancora racconta una storia e lo fa bene, con Hunt che ci mette tutta la sua grinta e parole che ne esprimono pienamente il senso, ma durante le varie performance non è emerso tutto il potenziale: è un brano che non ha la forza giusta per spiccare in questa edizione, e forse un piccolo ruolo in tutto questo l’ha avuto anche il dialetto napoletano. Non fraintendeteci: non è questione di lingua ma di pronuncia delle parole. A nostro avviso, il rapper non ha scandito bene alcune parole, rendendo difficile la comprensione di certi passaggi del testo, tutto qui.
Irama viaggia ‘lentamente’, voto 4: il talento ce l’ha, la presenza scenica e l’espressività non gli sono mai mancate. Il problema è che l’artista ha portato sul palco solo autotune e poco altro, senza riuscire ad emergere neanche lentamente rispetto ad alcuni suoi colleghi in scena. Ha fatto quello che fa sempre, talvolta urlando, però volevamo vedere qualcosa di più e non solo quell’espressione sofferente che ormai caratterizza il suo volto in ogni performance. E soprattutto volevamo sentire bene la sua voce, evitando quell’effetto sonoro disturbante che l’autotune crea.
Carlo Conti fa Carlo Conti, voto 4: dopo ben 7 anni è tornato alla conduzione di Sanremo portando sul palco eleganza ma anche staticità. Nessun guizzo o cambiamento dell’ultimo minuto, né originalità nella gestione delle serate, forse un po’ di leggerezza in più durante la serata dei duetti e la finale ma nulla di imperdibile. Conti è rimasto ancorato al passato e non è riuscito a sbottonarsi nemmeno quando i co-conduttori hanno presentato gag il cui scopo era proprio quello di smorzare un minimo la rigidità e la pesantezza del festival. Quante volte ha bloccato- con garbo – co-conduttori e ospiti per non sforare con i tempi? Non è molto carino nei confronti di chi sale sul palco per intrattenere il pubblico di Rai Uno. Che le serate si siano concluse in poche ore è un bene, ma questa smania di tirare dritto come un treno, conducendo senza carisma né empatia verso i concorrenti, ha reso il festival piatto e noioso. Un vero peccato. Mancavano proprio le idee.
Un Festival di Sanremo 2025 deludente nel complesso, voto 3: c’era grande attesa per questa edizione, anche perché era la prima senza Amadeus alla conduzione dopo ben 5 anni da direttore artistico. In generale, solo due brani spiccano su tutti – quelli di Brunori Sas e Lucio Corsi – mentre quelli di altri concorrenti ci sono sembrati abbastanza al di sotto della media in termini di qualità e scrittura. Tra l’altro, molti testi sembrano rivisitazioni di canzoni già sentite, dando la sensazione di essere davanti a una sorta di Tale e Quale Show ma in eurovisione. Possibile che tra gli oltre 400 brani ascoltati non ci fosse niente di meglio? Fatto sta che tra la moscia generale dell’evento sanremese, la bassa qualità dei brani e l’assenza di momenti di spicco o memorabili, questo Festival della Canzone Italiana non ha lasciato il segno. A salvare lo show solo Nino Frassica, Katia Follesa, Gerry Scotti e Bianca Balti.