Rudy Zerbi ‘riaccende’ Tu sì que vales: “Ci divertiremo. E poi sbarco al cinema con un film pazzo come me”

Libero Magazine intervista il giudice di Tu si que vales e prof di Amici, pronto a sbarcare sul grande schermo con il film d'animazione PapMusic: ma non chiamatelo doppiatore.

Rudy Zerbi, o meglio, la sua voce, esordisce al cinema. Mentre è iniziato il conto alla rovescia per la nuova edizione di Tu sì que vales, in partenza stasera – sabato 21 settembre su Canale – che lo vedrà tra i protagonisti riconfermati, e in attesa di ritrovarlo anche in qualità di prof di Amici di Maria De Filippi, Zerbi non è certo rimasto con le mani in mano e in questi mesi si è buttato anche in un progetto per lui del tutto inedito: la partecipazione, come voce narrante, a un film di animazione, PapMusic, firmato da Leikié in uscita in sala il 26 settembre, che è una coloratissima e ironica commedia romantica ambientata nel mondo patinato della moda milanese. In questa intervista a Libero Magazine, Rudy Zerbi ci racconta di più di questo esordio, e non solo.

Rudy Zerbi, dopo la radio e la tv sbarchi anche al cinema, in qualità di voce narrante del film PapMusic, come è andata questa nuova esperienza?

Hai detto bene, sono una voce narrante. Non faccio un personaggio, e ci tengo a dirlo perché ci sono tante persone molto preparate che fanno questo lavoro che è molto difficile, quello del doppiatore. Io una volta, anni fa, avevo fatto un provino per doppiare un altro film di animazione, della Pixar. Dopo pochi minuti fui io – e non loro – a decidere di mollare, perché ci sono delle regole che vanno seguite, una professionalità che io non posso improvvisare. Quindi chiariamo bene: io faccio la voce narrante e faccio me stesso, ho accettato mettendo bene in chiaro questo.

Come ti hanno convinto a tuffarti in questo progetto?

Mi hanno fatto capire che mi hanno voluto proprio in quanto voce "maleducata", che rimane atipica. Mi hanno detto: "devi fare te stesso", e io ho capito che potevo far parte di questo film proprio per il suo essere totalmente pazzo, creativo ma anche anarchico, in cui quindi ci sta che anche la voce narrante sia completamente fuori dagli schemi. Mi hanno detto: ‘Fai te stesso, perché noi vogliamo Rudy Zerbi’, e in questo modo mi hanno immediatamente convinto. L’ho fatto sapendo di non essere un doppiatore e con la voglia di divertirmi.

C’entra anche il fatto che si tratti di un film unico nel suo genere?

È in effetti un’idea molto particolare: Pap Music è atipico, e anche tutto quello che lo riguarda lo è, dalla produzione alla storia, alla comunicazione per lanciarlo, è proprio un approccio alla creatività che mi piace. A me, da sempre, l’idea di trovarmi dentro a delle "gabbie di matti" mi esalta, e anche stavolta mi ci sono tuffato con entusiasmo.

Dopo averci messo la voce, penserai anche a metterci la faccia sul grande schermo? Ti vedremo mai impegnato come attore?

Ma va, non scherziamo! Ognuno deve fare il proprio. Io non credo affatto a quelli che fanno mille cose diverse, ognuno deve coltivare il suo talento. Qui parliamo di lavori per cui ci vuole una preparazione. Io faccio il talent scout e anche il direttore artistico da tutta la vita e so perfettamente quali sono i limiti tra un talento e un non talento. Non si può fare qualsiasi cosa, ognuno deve concentrarsi sul suo. Quindi certamente la risposta è no. A meno che un giorno Pupi Avati non impazzisca e mi chiami, ecco solo in quel caso correrei.

Il film Pap Music è ambientato in un mondo patinato, come quello della moda milanese, raccontato in un modo diverso, come ti ci sei trovato?

Mi piace che, tra le molte altre cose, questo film sia anche una presa in giro della Milano "da bere", di una certa ‘milanesità’ che a volte fa pure un po’ ridere. Questo film è una caricatura di molte cose, anche delle emozioni, delle relazioni, delle professionalità di un certo mondo. D’altronde il cartone animato di per sé si porta dietro la necessità di una certa distorsione, qui troviamo tanta ironia e un racconto che va sul surreale.

L’ironia è anche una tua cifra distintiva, mi vengono in mente anche le sfide prof di Amici in cui sicuramente quella è l’arma che sfoggi di più?

Si, e credo che m abbiano chiamato proprio perché potevo starci più che bene nel contesto di un film così matto. Io sono uno che l’ironia la mette ovunque e soprattutto l’autoironia: per me è un filtro necessario per sopravvivere. Io chi si prende troppo sul serio non lo capisco, odio l’autoreferenziale, il "tu non sai chi sono io", proprio non lo sopporto.

In questo film sei protagonista, anche se solo con la voce. Come spettatore invece che rapporto hai con il cinema?

Lo amo da morire, ma posso dire che nei miei gusti cinematografici sono un po’ old style. Sono un grandissimo amante della commedia all’italiana, il mio mito assoluto è Ugo Tognazzi, lui e Villaggio sono sarcastici, anche un po’ cattivi: si ride con un retrogusto amaro e io sono così, un po’ un clown triste. Mi rivedo molto nel mondo "Amici miei", un’ironia che corrode, io mi sento un po’ corroso ma proprio per questo bisogna prendere con il sorriso, se no è la fine!

In questo momento però, sembra che la tua vita scorra bene e ci sia poco amaro: hai una super famiglia, una grande popolarità, stai per iniziare una nuova stagione tv piena di impegni…

Certo, mi sento una persona privilegiatissima, felice e contento di quello che ho. Però ognuno con le sue sfumature sa che il viaggio della vita non è sempre rose e fiori ecco, e il mio antidoto all’amarezza è anche l’autoironia.

Dal cinema alla televisione: si riparte finalmente?

Stiamo tornando: arriviamo sabato su Canale 5 con Tu sì que vales, e ci divertiremo!

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