Report, nuove rivelazioni sul caso di Daniela Santanché: richiesto il fallimento

Le indagini della trasmissione di Rai 3 sulle società della ministra non si fermano: la Procura di Milano ha richiesto il fallimento per KiGroup.

Continuano le inchieste di Report sul Ministro del Turismo Daniela Santanché. Quest’ultima è ormai da mesi al centro del dibattito a causa degli illeciti finanziari e del fallimento di alcune società di cui è o è stata titolare. In particolare, la trasmissione di Sigfrido Ranucci sta indagando su Visibilia, il suo gruppo editoriale, e Ki Group, il colosso dell’alimentazione biologica che gestiva insieme all’ex compagno Canio Mazzaro. Dopo diversi mesi di indagini, oggi Report ha annunciato una notizia esclusiva riguardo il fallimento di Ki Group.

Report, nuove rivelazioni su Daniela Santanché

Negli ultimi mesi, Report ha raccolto decine di testimonianze di ex dipendenti delle società di Daniela Santanché, e in particolare di Ki Group. Molti di questi hanno raccontato di non aver mai ricevuto il Tfr che spetterebbe loro dopo il licenziamento, ma ci sono anche fornitori che sono falliti a causa dei mancati pagamenti da parte dell’azienda della ministra. E, nonostante questo, "sia Santanchè sia Mazzaro hanno ricevuto emolumenti per milioni di euro in qualità di componenti dei cda del gruppo che fa capo a Bioera", come racconta l’inchiesta di Rai 3. Daniela Santanché aveva assicurato – nel suo intervento tenuto in Senato all’inizio di luglio – che si sarebbe provveduto a pagare i Tfr ai dipendenti e avrebbe salvato la società, trovando un accordo con i creditori (ovvero gli stessi ex dipendenti e fornitori). Tale accordo, però, non si farà: la Procura di Milano ha bocciato la richiesta di concordato con i creditori che era stata avanzata da KiGroup, e ha richiesto il fallimento dell’azienda.

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Vista la richiesta di fallimento da parte degli inquirenti, Daniela Santanché rimane oggetto di indagini approfondite: la ministra è già indagata per gli illeciti della sua società editrice, Visibilia; anche per quest’ultima la Procura ha rigettati l’ipotesi di risanamento e anzi ha ampliato le proprie indagini sulle presunte truffe. Per quanto riguarda invece KiGroup, la Procura dichiara che "Ad avviso degli scriventi non sono state rispettate le condizioni di accessibilità allo strumento del concordato semplificato. In particolare non viene fornita alcuna indicazione in ordine a una effettiva e completa interlocuzione con i creditori, al fine di raccogliere un eventuale consenso". In più, il concordato è stato negato anche a causa dei debiti accumulati per circa 12 milioni di euro. La società deve restituire allo Stato più di due milioni, oltre a pagare i fornitori e i Tfd degli ex dipendenti, che lo attendono da più di un anno. Dichiarando il fallimento, tuttavia, i debiti dell’azienda potrebbero non essere mai sanati: questi ultimi finirebbero infatti per essere pagati dall’Inps, e quindi dai contribuenti italiani.

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