Non è l'Arena, Massimo Giletti imbavagliato: "Non posso parlare"

Il conduttore sulla chiusura di Non è l'Arena confessa: "Non è facile fare un certo tipo di televisione. Ma non posso chiarire". Poi attacca Dell'Utri

Non si placano le polemiche sull’improvvisa chiusura di Non è l’Arena da parte dei vertici di La7. Negli ultimi giorni, si sono fatte numerose ipotesi sui motivi che hanno spinto Urbano Cairo a far fuori Massimo Giletti dalla rete prima del tempo, ma fino a questo momento il conduttore era rimasto in silenzio. A causa del contratto ancora attivo, infatti, non può parlare di quanto accaduto; ma oggi il giornalista ha voluto dire la sua.

Le parole di Massimo Giletti

Lo ha fatto durante la diretta di Giletti 102.5, la trasmissione che conduce su RTL 102.5 insieme a Luigi Santarelli. Massimo Giletti ha infatti voluto rompere il silenzio – che si stava facendo assordante – riguardo alla vicenda che lo coinvolge in prima persona, alludendo al fatto che qualcuno abbia voluto metterlo a tacere perché si stava avvicinando troppo ai cosiddetti "intoccabili". "Vorrei dire tante cose, e verrà il giorno in cui potrò dirle. In questo momento ho tanto rispetto per i magistrati, data la situazione delicata. L’importante è avere la coscienza a posto, poi la verità verrà fuori", ha esordito il conduttore di Non è l’Arena. Il quale ha poi confermato di avere le mani legate a causa del contratto che lo vincola a La7 fino alla fine di giugno: "Ho un contratto che mi vincola all’azienda in cui ho lavorato per sei anni, e per rispetto a questo contratto non posso parlare senza autorizzazione e chiarire in modo serio. Devo dire grazie alle centinaia di persone che continuano a mandarmi messaggi di sostegno, non per me ma per tutto il gruppo di lavoro".

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L’accusa di cospirazione

La parte più importante delle dichiarazioni di Giletti è però quella che riguarda l’allusione ad un vero e proprio complotto ordito ai suoi danni: il giornalista è convinto che la rete abbia chiuso il suo programma perché stava preparando servizi troppo compromettenti riguardo il tanto discusso coinvolgimento di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri negli affari della mafia degli Anni ’90. "Nel nostro Paese non è facile fare un certo tipo di televisione, che va a disturbare chi sta nei palazzi, ma bisogna avere il coraggio di farla. Quando c’è una situazione delicata, abbiamo il dovere doppio di andare nelle sedi corrette, io l’ho fatto, il resto sono chiacchiere", ha detto Giletti, che ha poi rivelato di avere delle prove che sosterrebbero la sua tesi. "Ci sono intercettazioni terribili, dove qualcuno di importante dice "Va chiuso Giletti". L’ho letto su La Repubblica, Marcello Dell’Utri. Sono intercettazioni che fanno capire quanto quel lavoro era importante. Ma noi non molliamo e continueremo a farlo. Lo devo alle persone che ci hanno seguito ma per rispetto dell’azienda per cui ho lavorato non posso dire altro, se non ringraziarla per ciò che mi ha fatto fare in questi ultimi anni".

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