Il Caso Yara, Massimo Bossetti pagato per la serie Netflix: la verità di Fabrizio Corona

L'ex re de paparazzi svela il cachet dell'assassino di Yara Gambirasio e si scaglia contro il colosso accusandolo di "Sciacallaggio".

Mara Fratus

Mara Fratus

Giornalista

Nella mia vita non possono mancare, il silenzio, il mare e Il Libro dell'inquietudine sul comodino, insieme a un romanzo di Zafon.

Massimo Bossetti
Fonte: iPa

Massimo Bossetti sarebbe stato pagato da Netflix per la sua partecipazione nella serie ‘innocentista’ in onda sul colosso, Il Caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio. L’uomo, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, trovata morta nel febbraio del 2011, è uno dei protagonisti del documentario, nel quale ha preso parte in prima persona dall’interno del carcere. In tanti hanno criticato la serie del colosso dello streaming, trovando molte parti su cui obiettare: dalla criminologa Roberta Bruzzone, che fa notare la mancanza totale di parte degli atti, a Selvaggia Lucarelli, e ora anche Fabrizio Corona. L’ex re dei paparazzi, intervenuto nel podcast MondoCash, si è scagliato contro la piattaforma americana per l’utilizzo degli audio dei genitori di Yara e ha avuto da ridire sugli atteggiamenti ‘da star’ di Bossetti. Inoltre, l’imprenditore milanese ha anche svelato il cachet che l’assassino (questo è per la giustizia italiana che lo ha condannato dopo tre gradi di giudizio) avrebbe intascato per il suo ruolo nella serie: "Certo che lui è stato pagato! Quanto? Netflix può pagare 50mila euro uno come Massimo Bossetti".

Massimo Bossetti, 50mila euro da Netflix per la serie ‘Il Caso Yara’

Nella docuserie Netflix Il Caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio c’è anche Massimo Bossetti in prima persona. In tanti hanno criticato la sua partecipazione e a queste voci si è aggiunta anche quella di Fabrizio Corona: "Se vedete lui fa l’attore, convinto di essere una star, protagonista della sua serie e si comporta da artista e personaggio. L’avete visto com’è vestito? Pantalone chiaro, gel, pinzetto, camicia, scarpa bella e pulita, il carcere sembra bello, lui che fa le facce, abbronzatissimo, le strette sugli occhi. Ma non è un attore è un accusato di una cosa gravissima", ha sbottato l’imprenditore nel podcast MondoCash.

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L’ex re dei paparazzi, inoltre, ha anche svelato la cifra che Bossetti avrebbe intascato per raccontare la sua verità dall’interno del carcere dove sta scontando l’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio: "Netflix può pagare 50mila euro uno come Massimo Bossetti. Poco? Ma lui era un muratore che faceva due lavori. Se guardate la serie, se conoscete la storia, mentiva alla moglie quando andava nel centro estetico, perché non voleva dire alla moglie che buttava 6 euro a settimana per farsi la lampada. 50mila euro per una persona così è una grossa cifra".

Fabrizio Corona su Il Caso Yara: "Netflix ha fatto sciacallaggio"

Infine, Corona ha da ridire anche contro Netflix e le modalità con cui il colosso ha trattato i genitori della vittima, da sempre schivi nei confronti delle telecamere, mai un’intervista:

I due genitori invece hanno deciso di non essere mai mediatici e non hanno mai rilasciato mezza intervista, mai sono andati davanti alle telecamere, sono sempre stati stretti nel loro dolore. Netflix cosa fa? Prende gli audio, le intercettazioni, i messaggi privati che i genitori lasciavano nella segreteria telefonica della figlia dopo la scomparsa e li fanno ascoltare a tutti. La madre che piange e gli dice amore mio dove sei, spero che stai bene in questo momento, tutti i messaggi privati. Hanno messo davanti a milioni di persone le loro immagini, il loro dolore, il loro dramma. Per me è veramente uno sciacallaggio e una strumentalizzazione del dolore vergognoso.

Ma Fabrizio Corona sa bene come funziona e chiarisce che il colosso americano ha potuto agire così perché "Il processo è un atto pubblico, quindi nel momento in cui tu depositi gli atti la stampa può prenderli e può utilizzarli. Non c’era bisogno del permesso dei genitori. Netflix lo può fare da un punto di vista giudiziario, ma non lo può fare da un punto di vista etico perché i protagonisti della serie sono i genitori".


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