HairStyle The Talent Show, Rossano Ferretti: “In tv abbatto i pregiudizi, la star su cui vorrei lavorare non c’è più”
Il creatore e protagonista del talent show che mette in gara dieci parrucchieri racconta a Libero Magazine perché ha scelto la tv per lanciare messaggi importanti e valorizzare la sua professione
Dieci parrucchieri professionisti provenienti da tutta Italia si sono messi in gioco per dimostrare il loro talento, abilità e creatività davanti a Rossano Ferretti, hair stylist di fama globale, con all’attivo saloni in ogni angolo della terra è ideatore di Hairstyle, The Talent Show, il primo talent dedicato al mondo dei parrucchieri in onda su Real Time (dal 16 novembre in prima serata e in streaming su discovery+ e Rakuten Tv). Uno show parte del catalogo di contenuti esclusivi di Rakuten TV che è anche un format venduto in molti paesi. Alla vigilia dell’attesa finale del programma, in onda giovedì 21 dicembre in prima serata, Rossano Ferretti ci racconta di più in questa intervista in cui ci porta ad esplorare il mondo ancora poco raccontato della sua industria, ci svela la sua battaglia contro pregiudizi duri a morire e anche l’unico sogno irrealizzato del suo cassetto di sogni diventati realtà.
HairStyle, The Talent Show: intervista a Rossano Ferretti
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Entra nel canale WhatsAppRossano Ferretti, siamo ormai in dirittura d’arrivo della stagione di HairStyle, The Talent Show, che giovedì 21 dicembre celebra la sua finale, che bilancio fai di quest’esperienza televisiva?
Sono molto contento di aver realizzato finalmente questo progetto. Avevo in testa da tanto tempo di trovare l’idea giusta per far conoscere meglio la mia professione, quella del parrucchiere, di cui nessuno parla mai. Tutti sono informati sul make up, sulla cucina, sulla moda, perché sono argomenti di cui i media parlano in continuazione, ma nessuno parla mai della nostra industria e credo che aver trovato un modo per dargli luce e voce, attraverso un talent, sia già una vittoria. Sono contentissimo di questo progetto perché mi ha dato la possibilità anche di informare meglio gli utenti finali, i consumatori, i nostri clienti insomma, che non hanno spesso idea nemmeno dei prodotti, delle tecniche, delle conoscenze utilizzati sulle loro teste. C’è una grave mancanza di informazione nel nostro campo e io volevo anche fare anche informazione con questo programma.
Perché hai scelto il format del talent per raggiungere questo obiettivo?
Una delle cose che più mi rende orgoglioso di questa esperienza è l’aver dato un’opportunità a qualcuno che lo merita: quella di vincere un salone, ma anche quella di imparare, formarsi.
Mi sono affidato a produttori di Master Chef, di The Voice, gente che sa veramente cos’è la televisione a tutti i livelli, e io ho messo a disposizione la mia esperienza e conoscenza del mio settore. Ne è uscito fuori un format divertente, originale, che informa e racconta storie professionali e umane. Se metto tutti questi elementi insieme mi rendo conto di aver già fatto una cosa estremamente importante anche perché è una prima edizione e il format è già stato venduto in quasi quaranta paesi, segno che l’interesse c’è e posso tranquillamente definirlo un trionfo.
Definendola prima ci fai pensare che stai già pensando alla prossima, è così?
Io sto già pensando alle prossime tre onestamente! Se poi arriveranno davvero lo vedremo. Ma nella mia testa sto già lavorando alle prossime.
Tra i vip passati in trasmissione, c’è qualcuno che non conoscevi e ti ha colpito particolarmente? Qualcuno a cui hai dato particolari consigli di hairlook, magari fuori onda?
Devo dire che sono stati tutti carini, felici di esserci. Si sono tutti molto divertiti a partecipare anche, perché sono arrivati in un contesto in cui, con tutto il gruppo di lavoro, si è creata subito una bella atmosfera.
La televisione vista da dentro, per uno come te che fa un altro mestiere, è come te l’aspettavi? O hai scoperto qualcosa in più che non immaginavi prima, su questo mondo?
Ci sono un sacco di persone che fanno un sacco di cose! Quando sono entrato nel furgone della produzione e mi sono trovato davanti a venticinque persone che lavoravano davanti a un’infinità di monitor, computer e apparecchiature varie, mi ha fatto veramente impressione. Mi ha fatto capire che enorme quantità di dettagli vanno gestiti e curati perché sia possibile un programma televisivo. E’ stato molto bello.
I talent degli ultimi anni, penso a Master Chef per esempio, hanno anche contribuito a far conoscere più da vicino alcuni mestieri e ad aumentarne l’appeal nelle nuove generazioni, pensi che HairStyle The Talent Show farà lo stesso per il mondo dei parrucchieri?
Se chiedi oggi a dieci genitori se sarebbero contenti se i loro figli scegliessero di fare i parrucchieri, quasi tutti ti risponderebbero di no, o guarderebbero i figli come fossero matti. E non è un problema solo dell’Italia, mi è capitato anche in Messico e in Brasile di conoscere ragazzi che volevano formarsi per realizzare questo sogno e i loro genitori lo vedevano quasi come un castigo. Se guardano me, altri esempi, grandi brand, questo è un mestiere che dà lavoro e grandi soddisfazioni sociali ed economiche a tantissime persone. L’industria dell’hair style coinvolge milioni di persone e si può arrivare a livelli altissimi, di prestigio e di benessere, però ad rimane un mestiere su cui pesa il pregiudizio. Finchè non facciamo informazione e raccontiamo davvero il nostro mondo, non riusciremo ad abbattere questo stigma che ancora resiste. Dobbiamo arrivare a far sentire un genitore orgoglioso di un figlio che sceglie questa strada. In un certo senso anche i cuochi sono passati attraverso questo: vent’anni fa come era visto il mestiere di cuoco? Non certo come è visto oggi. Proprio il racconto mediatico del mestiere ha contribuito ad accrescerne il prestigio e la stima delle persone per chi sceglie quella strada. Penso che pesi anche il fatto che il nostro sia un mondo estremamente inclusivo: tutti sono d’accordo per abbattere i pregiudizi, ma sempre più a parole che nella realtà concreta dei fatti.
Non c’è al momento un diffuso senso di orgoglio e di appartenenza, eppure la categoria garantisce guadagni importanti, però ancora pochi giovani scelgono questo mestiere. Il pregiudizio ci penalizza. I parrucchieri o sono figli di parrucchieri oppure sono persone che aspiravano a lavorare in un campo artistico e hanno ripiegato. Io per esempio volevo fare l’architetto.
Allora tu fai parte di entrambe le categorie perché si può dire che sei anche figlio d’arte da parte di madre, giusto?
Mia mamma faceva la parrucchiera nel nostro paese Campegine, allora si chiamava pettinatrice perché a quei tempi non c’erano nemmeno i lavatesta nei saloni. Era tutto un altro mondo.
Sei partito da quel salone anche tu?
Sì, dal paesino e da quel salone della mamma. Attraverso mille montagne russe ho trovato la mia strada e sono arrivato ad aprire saloni a New York, a Dubai, a Parigi. Gli americani non se lo spiegano.
E se dovessi spiegarglielo ora, come risponderesti alla domanda: come hai fatto?
I never give up, non mi arrendo mai e mai mi sono arreso. E’ molto difficile spiegare e trasmettere agli altri questo fatto: la costanza, la perseveranza, la dedizione al lavoro, il non darsi mai per vinti, il cercare di migliorarsi ogni giorno e l’evitare di essere ego riferiti anche davanti a grandi obiettivi conquistati. C’è chi fa un taglio di capelli e si sente come se avesse salvato una vita.
Cos’è, secondo te, che rende un hairstylist non solo bravo, ma speciale?
Il cuore sicuramente. Il talento senza un grande cuore non arriva da nessuna parte. Noi dobbiamo innanzitutto regalare un momento di relax e piacere alle persone. Bisogna avere la capacità di mettere a proprio agio chi entra nei nostri saloni e poi una capacità di ascolto e consulenza molto forte. Noi dobbiamo garantire non solo un bel taglio ma una indimenticabile esperienza alle persone che vengono da noi. Non siamo lì per vendere, siamo lì per dare piacere.
Hai molte celebrities tra i tuoi clienti, come fai a convincere persone per cui l’immagine è cruciale a fidarsi di te? Come hai fatto a costruirti una clientela così esigente e selettiva?
In realtà sono state loro a venire da me. La cosa che più funziona, a qualsiasi livello, è il passaparola, a me è sempre successo così. Perché è l’esperienza positiva che ti porta dal parrucchiere. Io consiglio sempre a tutte le donne, prima di affidarsi a un hairstylist, di entrare nel salone e rendersi conto del tipo di lavoro che porta avanti. Bisogna sempre cercare chi è più adatto a soddisfare le proprie necessità.
Tra le tante cose fatte, i tanti obbiettivi centrati in carriera, di quale sei più orgoglioso?
Mi hanno chiamato Celebrity hairdresser, Maestro, le Pope de coiffeurs, ma se mi chiedi come mi definisco io, la mia risposta è: pioniere ed educatore. Pioniere perché ho rivoluzionato la mia industria, educatore perché voglio fare costantemente informazione sul nostro lavoro. E poi sono tanto orgoglioso di aver sempre dato una possibilità a tutti.
Ma il momento che consideri l’apice della tua carriera qual è?
Arriverà forse domani, dopodomani, non so.
Tra i tuoi clienti più famosi con chi hai stretto rapporti di maggiore fiducia?
Io tecnicamente ormai di clienti non ne ho più, quindi non ne parlo perché non saprei di chi parlare.
E guardando al passato?
Posso dire che l’unica persona che mi sarebbe piaciuto fare e non ho fatto è morta: è Audrey Hepburn.
Ma c’è una donna invece vivente su cui vorresti "mettere le mani" e ancora non sei riuscito?
No, perché non c’è una donna che rappresenti la bellezza atemporale come Audrey Hepburn. Lei è la bellezza femminile ieri, oggi, domani. La bellezza è armonia e atemporalità, incarnata in lei.
C’è una cliente, tra i tanti prestigiosi che hai trattato, che ha dato una svolta alla tua storia professionale?
Non ho dubbi: mia madre! Lei è stata la mia prima modella. Quando le feci i capelli per la scuola, il maestro davanti a quell’acconciatura disse: "lui ha due mani che andrebbero quotate in borsa".
Se dovessi dare tre consigli a un ragazzo che sogna di fare l’hair stylist, quali sarebbero?
Direi di leggere tantissimo, informarsi e studiare tantissimo, viaggiare tanto, bisogna approfondire la conoscenza delle cose, del nostro mondo il più possibile. Poi gli consiglierei di focalizzarsi su una sua identità: capire cosa gli piace di più, cosa gli viene meglio e puntare su quello, quindi specializzarsi su qualcosa in cui possa aspirare a diventare uno dei migliori. E poi, la base del lavoro di ogni artigiano: dedizione, passione e non stancarsi mai di ricordarsi che c’è sempre da imparare.