Dahmer - Mostro, dalla realtà alla serie TV, polemiche comprese

Tutto quello che c'è da sapere sulla vera storia del Cannibale di Milwaukee e su come è nata la trasposizione televisiva (campione di ascolti) che ne racconta i crimini.

Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer
Fonte: Instagram @netflix

Da quando è uscita, circa tre settimane fa, non si fa altro che parlare di Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, la serie true crime di Netflix che sta letteralmente spopolando, sia in termini di visioni sulla piattaforma (è seconda solo a Stranger Things) sia sui social.

Dieci episodi in tutto, usciti il 21 settembre 2022, che si basano sulla biografia del serial killer Jeffrey Dahmer, detto anche il Cannibale di Milwaukee, che terrorizzò lo Stato del Wisconsin tra la fine degli Anni ’70 e l’inizio degli Anni ’90.

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Diretta dal regista Ryan Murphy, la serie è stata anche oggetto di numerose polemiche, soprattutto da parte dei parenti delle vittime del killer, che hanno saputo della serie insieme al resto del mondo. Vediamo insieme quale è la vera storia del cannibale di Milwaukee e come è nata la sua trasposizione televisiva.

La storia di Jeffrey Dahmer

Jeffrey Lionel Dahmer, noto come Jeff, nasce a Milwaukee il 21 maggio 1960. Figlio di Lionel Herbert Dahmer e Joyce Dahmer Annette trascorre un’infanzia apparentemente normale, ma crescendo si evidenzia il suo carattere schivo e, ancora bambino, inizia a trascorrere molto tempo in un cimitero di animali che si è costruito da solo.

Inizia a consumare alcolici al liceo e, dopo un solo anno alla Ohio State University, decide di abbandonare gli studi proprio a causa della sua dipendenza dall’alcol. Circa un anno più tardi, il 6 giugno 1978, Jeff commette il suo primo omicidio, quello dell’autostoppista 18enne Steven Mark Hicks, colpendolo prima con un manubrio di 4,5 chili e poi soffocandolo. Sul cadavere, prima di farlo a pezzi e scioglierlo nell’acido, consumerà anche un atto di autoerotismo.

Qualche tempo dopo, il padre lo costringe ad arruolarsi nell’esercito, ma nel 1981 viene congedato a causa della sua dipendenza. Dopo un periodo vissuto a casa della nonna, inizia a frequentare i bar gay della città. Il 20 settembre 1987, in uno di questi locali incontra Steven Tuomi: dopo averlo ucciso consumerà dei rapporti sessuali con il suo cadavere nella cantina della casa di sua nonna.

Continuerà così, in un continuo crescendo di macabra violenza, uccidendo in tutto diciassette persone tra il 1978 e il 1991 con metodi particolarmente cruenti (atti di violenza sessuale, necrofilia, cannibalismo e squartamento). Fu arrestato nel 1991 e condannato un anno dopo all’ergastolo. Morì in carcere due anni dopo, per mano Christopher Scarver, un detenuto sofferente di schizofrenia che lo colpì causandogli un trauma cranico.

La serie: Dahmer – Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer

La serie, su Netflix dal 21 settembre, racconta in dieci episodi la storia del Cannibale di Milwaukee. Il serial killer è interpretato da Evan Peters, mentre la regia è affidata a Ryan Murphy, film maker che già aveva dimestichezza sia con il genere true crime che con il personaggio di Dahmer, già trattato in American Horror Story. Ora però lo fa diventare protagonista di un’intera serie, scritta e prodotta insieme a Ian Brennan.

La serie, oltre raccontare degli omicidi compiuti dal killer, prova ad analizzare anche la psicologia del personaggio e la sua infanzia, cercando di accendere luci nel buio di una mente piena di interrogativi. La narrazione inizia dalla fine, da quando cioè Dahmer viene consegnato alla giustizia nel 1991, per poi tornare indietro nel tempo ripercorrendo i delitti e tutte le tappe di questa violenta e drammatica vicenda.

Il successo (inatteso su Netflix)

Inaspettatamente la serie, da tre settimane sulla piattaforma di streaming, è la più vista in decine di Paesi: tra quelle inglesi è la seconda più vista di sempre su Netflix, in coda solo alla quarta stagione di Stranger Things. Con oltre 196,2 milioni di ore di visione solo nella prima settimana, e con 299,84 milioni durante la seconda, la serie è entrata a pieno titolo tra i record di ascolti.

Per quanto possa sembrare assurdo il true crime attira da sempre, e il macabro, per quanto agghiacciante possa essere (specie in questa storia), unito al talento indiscusso di Peters nell’interpretare il serial killer, piace e appassiona. Pare assurdo e invece, questo racconto terrificante, ma vero, tiene incollati i telespettatori alla tv come una calamita. E forse, proprio perché vero affascina, come spesso accade per tutti quei misteri della mente che non trovano risposta.

Le polemiche

Per quanto sia una serie da record, Dahmer ha sollevato parecchie polemiche. La prima, nata subito dopo l’uscita del titolo su Netflix, ha riguardato la scelta della piattaforma di metterlo nella categoria LGBTQ, scelta revocata poi il 23 settembre con la rimozione del tag. Potenti, poi, le critiche dei parenti delle vittime del serial killer, che hanno scoperto dell’esistenza della serie a cose fatte, come il resto del mondo.

Rita Isbell, sorella di Errol Lindsey, assassinato da Dahmer, è rimasta traumatizzata nel vedere una scena in cui veniva riproposta la sua reazione durante il processo. Anche Shirley Hughes, madre di una delle vittime, ha raccontato al The Guardian di essere rimasta esterrefatta, oltre a dichiarare che la serie è piena di inesattezze. E poi ancora, Errol Lindsay, sorella di un altro ragazzo ucciso da Dahmer, ha raccontato di non essere mai stata contattata da Netflix e di essere rimasta scioccata quando ha visto sé stessa interpretata nella serie.

La piattaforma di streaming, però, pare non abbia alcun obbligo legale, come neppure autori e regista, di contattare familiari e persone coinvolte nella vicenda, poiché gli atti giudiziari sono di pubblico dominio. Resta sempre valido però che se una fedele ricostruzione dei fatti porta rispetto alle vittime, anche avvertire chi ancora le piange sarebbe stato opportuno.


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