Chiara Ferragni, nuove ombre sulla bambola Trudi: cosa ha scoperto Brindisi
Dopo il “Balocco-gate” Zona Bianca e Giuseppe Brindisi provano a fare chiarezza sul ricavato in beneficienza per un’associazione no profit americana
Non c’è pace per Chiara Ferragni. Non sono bastate le scuse, la donazione di "riparazione" o il suo ritorno sui social con tanto di società specializzata nella ricostruzione dell’immagine pubblica alle sue spalle a frenare la polemica dopo il pandoro-gate. Lo scandalo della vendita "benefica" dei pandori Balocco ha dato il via a un vero e proprio effetto domino che sta mettendo a dura prova l’influencer e i suoi avvocati. L’imprenditrice è finita sul registro degli indagati della Procura di Milano e di Cuneo, ma il suo nome è sotto la lente d’ingrandimento per tutte le recenti campagne solidali e donazioni sospette. Anche Zona Bianca è entrato nella questione: il talk show di Rete 4 condotto da Giuseppe Brindisi ha infatti iniziato a indagare sulla vendita di una bambola Trudi i cui sarebbero dovuti andare in beneficenza. Scopriamo cosa è stato scoperto.
Chiara Ferragni e la bambola Trudi: la vicenda
Dopo lo scandalo del pandoro-gate e l’accusa di truffa aggravata, come detto, sono finite sotto la lente d’ingrandimento tutte le recenti iniziative e operazioni benefiche di Chiara Ferragni. Non solo il "Pink Christmas" Balocco, dunque, ma anche la donazione alla Onlus Soleterre o – come suggerito da Selvaggia Lucarelli – le operazioni legate alle uova di Pasqua e non solo. Zona Bianca ha analizzato un precedente risalente al 2019, legato alla vendita di una bambola in edizione limitata.
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Entra nel canale WhatsAppNel 2019 Chiara Ferragni annunciò infatti tramite i suoi canali social l’apertura delle vendite di una bambola Trudi creata a sua immagine il cui ricavato sarebbe andato all’associazione no profit statunitense "Stomp Out Bullying", impegnata contro bullismo e cyberbullismo. La bambola andò sold out in appena cinque ore dopo il lancio e la Tbs Crew (l’azienda di Chiara Ferragni) comunicò che i solo i fondi delle vendite legate al canale e-commerce diretto (quindi solo su The Blonde Salad e non anche su canali gestiti da terzi) sarebbero andate in beneficenza; un particolare sfuggito all’influencer cremonese, che su Instagram parlò genericamente de "l’intero ricavato delle vendite".
Zona Bianca avrebbe così deciso di contattare su LinkedIn Ross Elliss, ceo e fondatrice di "Stomp out Bullying", dal momento che nel report annuale dell’associazione non comparirebbe il nome di Chiara Ferragni tra i partner o tra gli sponsor e nemmeno tra gli amabasciatori. Ellis avrebbe dichiarato di non sapere "chi sia questa donna (Chiara Ferragni, ndr)" e di non aver ricevuto alcuna donazione, chiedendo anche di non essere più contattata in merito alla questione. Un’ombra sicuramente destinata a infiammare l’inchiesta portata avanti dal talk show di Giuseppe Brindisi.
Il calo reputazionale
L’ennesimo caso sospetto sicuramente non aiuta l’immagine di Chiara Ferragni, sempre più in crisi (nonostante i 29,4 milioni di follower, il suo account continua a registrare un calo). Il caso ha travalicato i confini nazionali con ilCentre for Corporate Reputation dell’Università di Oxford che è ha parlato di "rischio reputazionale" che starebbe mettendo a repentaglio l’integrità dell’immagine dell’influencer (e , di conseguenza, di tutti i marchi a lei collegati). Chiara, intanto, dopo il suo ritorno sui social continua a chiudere i commenti, negando la possibilità ai follower di interagire con i suoi post per non infiammare una polemica già scottante.