Blackout 2, Aurora Ruffino: "Vi racconto Lidia: adesso è cambiata e mi somiglia”
Il set sulla neve, i tormenti di Lidia e la scoperta di un nuovo talento: Libero Magazine intervista l'attrice tra i protagonisti della serie mistery drama di Rai Uno ambientata sulle Dolomiti
Torna stasera su Rai Uno il secondo appuntamento con Black Out 2, la serie di Rai Uno coprodotta da Rai Fiction ed Èliseo entertainment con Alessandro Preziosi e Aurora Ruffino, che porta il pubblico a seguire le intricate vicende di un gruppo di persone intrappolate da una valanga in un albergo sulle Dolomiti. Persone che, come abbiamo scoperto nella prima stagione, hanno tutte un segreto da nascondere. In questa stagione, partita con la soluzione di un omicidio, i misteri continuano, così come le intricate vicende familiari e sentimentali dei protagonisti, e mentre arrivano i soccorsi nessuno può considerarsi ancora veramente in salvo.
Black Out 2 riporta quindi sullo schermo il mix riuscito di suspense e dramma che ha decretato il successo della prima stagione, rilanciando con nuove svolte inaspettate. Ne abbiamo parlato in questa intervista a una delle interpreti protagoniste, Aurora Ruffino, che nella serie indossa i panni di Lidia, la poliziotta che per lungo tempo è l’unica rappresentante delle forze dell’ordine sul luogo del disastro, che mentre cerca di salvare le persone intrappolate in albergo deve scoprire la verità su omicidi e tentati omicidi e vedersela anche con una complicata situazione personale.
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Entra nel canale WhatsAppBlack Out 2, parla Aurora Ruffino: "Lidia è più forte ma ora ha paura dell’amore"
Aurora Ruffino, com’è andato questo ritorno in montagna, sulla neve, per Black Out 2?
È stato bellissimo tornare sulle Dolomiti. Lavorare sulla neve è molto bello ma a volte le cose si complicano, e non sempre si può prevedere tutto. A parte il freddo, è capitato di dover girare in luoghi difficili da raggiungere, posti in cui non ci si poteva spostare, però è anche il bello di girare in location così, luoghi meravigliosi ma che garantiscono anche quel pizzico di imprevedibilità che va messo in conto.
L’anno scorso ci avevi raccontato che l’esperienza più divertente sul set era stata guidare la motoslitta, quest’anno hai fatto nuove scoperte? Ti sei tuffata in nuove avventure?
Quest’anno la cosa più divertente è stata questo rito di ritrovarci tutti i sabati al bar di Isolabella a Fiera di Primiero, dove facevamo karaoke, balli, insomma ogni sabato era una festa. Ci siamo molto divertiti.
Come ritroviamo Lidia in questa seconda stagione di Black Out? E cosa dobbiamo aspettarci dall’evoluzione del tuo personaggio?
Nella prima stagione abbiamo visto Lidia alle prese con non poche difficoltà, perché non solo si trova a dover fare i conti con la catastrofe naturale e con un gruppo di persone da portare in salvo, ma anche dal punto di vista personale, il giorno della valanga l’uomo di cui è innamorata muore, lei si scopre incinta e deve decidere cosa fare. Insomma, per lei è stata una stagione molto dura. Questa seconda stagione riparte esattamente da dove si era fermata la prima, Lidia si trova in una nuova fase. Dopo la crisi esistenziale che ha affrontato ora la vediamo riappropriarsi di se, tornare a indossare la divisa e ritrova la convinzione nella sua missione che è quella di salvare prima di tutto se stessa e il suo bambino e poi tutte le persone bloccate di cui si sente fortemente responsabile. Quindi la ritroviamo che ha un nuovo atteggiamento, quasi un altro tipo di donna rispetto a quella della prima stagione.
E quale delle due versioni di Lidia ti assomiglia di più?
Il primo anno è stato più complesso, la Lidia di Black Out 2 che ritroviamo più determinata, più forte e più sicura sicuramente mi assomiglia di più. Anche io in questo momento sono in una fase della mia vita in cui mi conosco di più e ho chiare molte più cose rispetto al passato e quindi mi sento una persona più sicura, come vediamo diventare Lidia in questa stagione: forte, sicura e decisa.
Ma quindi, ormai che si sente risolta, da Lidia non ci dobbiamo aspettare sorprese?
Ma no, anzi. Diciamo che se Lidia ha fatto un viaggio complicato dentro se stessa nella prima stagione, anche in questa nuova non mancano le problematiche che però sono molto diverse. Se è vero che è più sicura e decisa, e ha scelto il suo futuro e quello del figlio che porta in grembo, però la vediamo anche dover fare i conti con la sua diffidenza e con la difficoltà di lasciarsi andare a un possibile nuovo amore.
Seconde te cosa è piaciuto di più al pubblico di questa serie? E cosa è piaciuto di più a te, non da attrice ma da spettatrice?
A me è piaciuto il fatto che già mentre leggevo le sceneggiature mi rendevo conto che non riuscivo a capire chi fosse l’assassino, quindi l’elemento che mi ha colpito di più di Black Out è che ti tiene sempre lì a cercare di capire chi, cosa, e perché: mi ha subito appassionato. E penso che questo elemento che ha colpito me abbia colpito la maggior parte del pubblico. Le persone con cui ne ho parlato in questi due anni, mi chiedevano quando sarebbe arrivata la seconda stagione proprio perché erano rimasti molto intrigati dalla prima. Credo che abbiano visto una serie con elementi che forse non si sarebbero aspettati di vedere su Rai Uno.
Hai esordito da poco anche come scrittrice con la pubblicazione del tuo primo romanzo in cui hai messo molto della tua esperienza personale, raccontando di una ragazza che deve fare i conti con un lutto molto doloroso, come è andata?
In realtà io ho iniziato a scrivere prima che a recitare, è un’esperienza che porto con me da sempre e mi connette con la mia parte più intima che riesce a venire alla luce. Ed è bello vederlo manifesto. Tra il recitare e lo scrivere quindi mi viene più spontaneo scrivere perché è una cosa che ho fatto sin da bambina, mentre a recitare ho iniziato relativamente tardi.
Ma tra la recitazione o la scrittura, qual è il mezzo che senti più tuo per esprimerti?
Sono due esperienze totalmente diverse. La recitazione mi ha veramente salvato, perché sono sempre stata una bambina prima e una ragazza poi, emotivamente repressa. Non riuscivo a esprimere le emozioni negative e per me la recitazione è stata fondamentale, perché attraverso una maschera, che di volta in volta si indossa a seconda del personaggio, recitare ti consente di imparare ad aprirti. È un’esperienza che consiglio a tutti, a prescindere dall’ideo di farlo di mestiere. Anche la scrittura per me è stata un’esperienza terapeutica perché quando scrivi sei solo con te stesso ed è il modo in cui io riesco a connettermi meglio con quello che ho più in profondità. Penso che si possono trovare vari modi di esprimersi, tutti preziosi.